Oggi è davvero facile trovare degli albi molto belli, ma quello di cui vi sto per parlare è davvero prezioso: s’intitola Se fossi Matisse (Mottajunior) ed è scritto da Patricia MacLachlan. Il titolo ci suggerisce già il protagonista di questa storia, ossia il famoso pittore francese Henri Matisse. L’autrice, alla luce degli studi svolti sull’infanzia del pittore, ha scoperto che la madre del pittore ha avuto grande importanza proprio nello sviluppo della sua arte, tanto che, una volta, Matisse dichiarò: “Devo a mia madre il mio senso del colore”. Pensate, cari kidz, che il piccolo Henri crebbe in una piccola cittadina che di colorato aveva ben poco, ancor meno la sua casa. Matisse, infatti, nacque nel dicembre del 1869 in un grigio paese industriale dell’estremo nord della Francia. Nonostante la mancanza di sole e luce, Henri crebbe lo stesso tra i colori, in particolare tra i piatti dipinti che sua madre portava nella loro casa umida e tra i teli rossi con la quale aveva tappezzato tutta la loro modesta abitazione. Si dice, poi, che Henri cominciò a dipingere in occasione di un ricovero in ospedale quando sua madre, per distrarlo un po’, gli regalò un astuccio di colori. Da quel momento non smise mai di disegnare e dipingere fino a diventare un grande pittore che influenzò il corso dell’arte moderna.
Partendo da queste informazioni, Patricia MacLachlan immagina l’infanzia del pittore francese, tentando di rispondere alla domanda “Perché i pittori dipingono quel che dipingono?”. Troviamo così, tra le pagine impreziosite dalle illustrazioni di Hadley Hooper, un piccolo Henri che scopre i colori malgrado sia circondato dal grigio. Ne nasce un racconto breve e intenso che sembra dire al lettore più piccolo che i colori si possono sempre trovare, inventare, immischiare.
Di certo, non siamo tutti destinati a diventare dei Matisse, ma lasciamo ai bambini la possibilità di credere che possano farlo. E poi, perché no? Così come non è mai troppo presto per leggere un libro, possiamo mostrargli, ogni tanto, i dipinti dei pittori più famosi, in modo che percepiscano di quanti stili e tecniche sia fatta l’arte.
Qualche mese fa al Tate Museum di Londra il mio ometto restò colpito dai dipinti di Picasso e mi disse:
“Mamma ma guarda quella faccia, allora io sono più bravo!” Ho cercato di spiegargli che non era proprio così, ma lui ancora oggi, quando a modo suo disegna dei volti, prende il foglio e tutto soddisfatto me lo mette sotto il naso esclamando: “Tadà… Picasso!”
Meglio non smentire più… non si sa mai!