Rullo di tamburi… ritorna Versi in fila indiana! Ok, ok, freno l’entusiasmo, forse non dovrei dirlo visto che la scrivo io, ma questa qui è la rubrica di cui mi occupo più volentieri, insomma, quella che mi piace di più. Perché mi piace, ogni mese, scervellarmi sulla poesia da proporvi, chè non è mica semplice, proprio no! Per questo ritorno ho scelto una poesia di un poeta romano contemporaneo: Valerio Magrelli i cui versi sono moderni, a volte irriverenti, spesso carichi d’ironia. Mi piacerebbe che ascoltaste cosa disse qualche anno fa a proposito della poesia a un gruppo di studenti del Liceo Mamiani di Roma. Durante l’incontro i ragazzi si domandano: “Cosa contraddistingue la poesia rispetto alla prosa? La distanza e la malinconia o, forse, semplicemente il fatto che si vada a capo? Se la poesia ha bisogno di troppe note esplicative per essere capita, resta sempre poesia?”.
Quella di oggi è una poesia sulla lettura, ma non vi dirò di più, anzi, ripassiamo le regole di questa rubrica:
1. Nessuna interpretazione, nessuna parafrasi. I versi sono per voi, per il gusto di leggerli, qui non siamo a scuola.
2. Andremo alla scoperta di poeti che non trovate nei libri di testo, scoprendo dei veri tesori.
3. Qua il capo sono io, perciò le poesie le scelgo io: possono essere lunghe o brevi, serie o divertenti, importa soltanto che abbiano un messaggio, una riflessione che mi fa piacere sottoporvi.
Adesso, bando alle ciancie, passiamo la parola a Magrelli:
in una lontananza irraggiungibile.
Quando leggi, vai via, mi lasci solo
e inoltre mi impedisci di seguirti.
È come se, partendo
non mi dicessi la tua destinazione.
Anche se la scoprissi (e l’ho scoperta,
tant’è vero che posso vederti,
se soltanto mi sporgo),
comunque non mi lasci avvicinare.
La lettura è crudele, è ostile e solitaria.
Valerio Magrelli, Il Sangue Amaro, Einaudi.
Vi andrebbe di dirmi cos’è per voi la lettura?