Quando entro in classe io so che loro sanno: la mia borsa assomiglia vagamente a quella di Mary Poppins ma, mi spiace per loro, non lo è. Si accorgono da come la porto che neanche oggi usciranno conigli o fuochi d’artificio. Sono una Prof seria io, di quelle serissime.
Mi sudano le mani perché mi basta uno sguardo. Non devo guardarli ma tanto mi hanno già sgamata. La mia borsa, cavolo se pesa oggi, ma dovevo cari ragazzi, non si possono saltare così a pié pari… Oggi ci, pardon, vi toccano. Loro, i mattoni. La mia borsa oggi è piena di mattoni.
Firmetta sul registro, sguardo duro: mica mi faccio intimorire dal loro silenzio.
«Aprite il libro a pagina 78.»
«68?», «58??».
Cominciano. Devono aver annusato il pericolo nell’aria e cercano di differire la chiamata al patibolo. Devo dire che mi fanno una leggera pena mista a sadismo, come succede al boia di non lungo pelo. Glisso sul numero della pagina e attacco:
Nè più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia che te specchi nell’onde
del greco mar ove vergine nacque
Venere…
Lo spirto mio guerriero (un tempo) non rugge più: Foscolo in seconda media, proprio oggi, che fa così caldo e dalla finestra Zefiro mena odor di cherosene.
«Silenzio!»
Da dove iniziare? Da Zacinto? Da Venere? Dalla storia del Nostro? Sì, Foscolo il ribelle potrebbe colpire almeno uno di loro: dice il Vangelo secondo l’insegnante, basta raggiungere uno solo del gregge e la tua missione è assolta. Ma ormai ho iniziato dalla parete più ripida e devo continuare.
Giunti all’ onde non tacque e all‘inclito verso il gregge mi guarda smarrito. Scivolo giù dalla parete. Tuono (e due): «Silenzio!» ma ormai ci siamo persi, tutti. Io per prima, col mio mattone.
Lezioni impossibili 2. Foscolo
Noi Prof spesso siamo ex secchioni, di quelli con la malattia del confronto, presi da una gara in cui o vinci o perdi e se quel tuo collega è amato dalla classe, stacci sicuro, che se li è comprati tutti con un poco di zucchero. Però ogni tanto lo riconosciamo, che c’è qualcuno che gli ostacoli li sa saltare davvero.
Si dice tra i corridoi della scuola che, nella borsa di una collega, i mattoni divengano leggeri come nuvole. Oggi quindi sto fuori dalla classe, dietro alla porta, a origliare la lezione a pagina 78 (sempre Lui, il Foscolo): non si dovrebbe ma lo spionaggio industriale a scuola funziona così. Con un pizzico d’invidia voglio scoprire cosa nasconde, nella sua borsa da Mary Poppins, la mia collega.
Prendo appunti:
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Inizia, come un maestro d’orchestra, bacchetta in mano
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Recita quei versi senza preoccuparsi che la capiscano
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Incalza: «Insieme, intonazione!»
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Stuzzica:
«Nè più mai, MAI.. lo capite? Con dolore, ve ne andrete senza più mai rivedere i vostri amici!»
«Zacinto mia, da innamorati!»
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«DI NUOVO, RIPETETE!» insieme, finché i versi non entrano nelle loro vene
I ragazzini recitano a memoria. Sto spiando Anna dei miracoli o solo una despota?
Quei mattoni impastati col cemento della memoria e digeriti col «leggere sempre ad alta voce, ascoltandone il ritmo o il gioco delle rime», come racconta Camilleri, forse diventeranno anche per loro cultura dell’anima, quella a cui attinse Levi nell’inferno di Auschwitz.
C’è da dire, poi, che quei ragazzini non sembrano recitare senza senso. Di verso in verso, le strofe si ricompongono in lirica come nate nell’attimo in cui risuonano nella classe e colpiscono al petto qualcuno: una ragazza africana all’ultimo banco, che di Foscolo e di Napoleone non sa nulla ma che capisce molto bene quell’attacco, “Nè più mai” e l’esperienza dello sguardo che si allontana dalle sponde per sempre sacre del proprio mare:
«Che bella questa poesia, prof. Mi ha commossa.»
Chi mi conosce lo sa: a me Mary Poppins un poco piace e più ancora mi piacciono le lezioni impossibili, ma a lieto fine.
Arrivederci ragazzi, alla prossima lezione (im)possibile.
La vostra Prof, Favella Stanca