Una settimana per godersi un grande classico: da oggi fino al 15 maggio, in occasione della Festa del Cinema, sarà infatti possibile vedere sul grande schermo “Principessa Mononoke” di Hayao Miyazaki, datato 1997.
È un evento che ogni appassionato di animazione giapponese (e non solo) non dovrebbe perdersi, per diverse ragioni:
- Perché il film ha subìto un importante restauro ed è stato per la prima volta digitalizzato
- Perché i dialoghi sono stati riadattati per essere più fedeli possibile alla versione originale
- Perché ha un nuovo doppiaggio
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A queste si aggiunge la rarità di vedere un film di Miyazaki al cinema, dopo il suo addio alla regia. “Principessa Mononoke” apre un’eccezionale mini rassegna che proseguirà con la proiezione de “La Città Incantata” a giugno e si concluderà con “Si alza il vento”, l’ultima opera del grande maestro presentata al Festival di Venezia e prevista al cinema per il prossimo settembre (ne parleremo a tempo debito!).
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"Principessa Mononoke" tocca eventi della storia del Giappone, mescolandosi con leggende e miti tipici del Paese, in una miscela che ben conosce chi mastica la filmografia di Miyazaki, ma capace di coinvolgere anche i profani. Demoni cinghiali, maledizioni, kodama (gli spiriti della foresta raffigurati come piccoli omini dalle fattezze inquietanti), il Dio Cervo: personaggi fantastici che coesistono con l’uomo e lo coinvolgono nelle ferree leggi della natura, arrivando a scatenare terribili malefici.
Tuttavia, più che la storia, in “Principessa Mononoke” incantano i colori, i paesaggi, i più piccoli dettagli disegnati ancora con la tecnica classica dell’animazione, che prevede l’uso della mano e non del computer. Pensate: 88000 tra i disegni utilizzati per realizzare il film sono stati direttamente corretti dallo stesso Miyazaki, uno a uno.
È un lavoro artigianale ormai in via di estinzione, che sullo schermo però possiede una bellezza ineguagliabile, neanche lontanamente paragonabile all’animazione effettuata con le nuove tecnologie.
È una questione di particolari: da un lato riusciamo quasi a osservare i tratti di china utilizzati per comporre un volto, dall’altro la tridimensionalità artificiale ci offre un realismo quasi esagerato.
Sono due modi diversi di concepire il disegno animato, ma che spesso il pubblico più giovane non conosce. Perché dunque non approfittare di questa succulenta occasione?