“Si, siamo noi. È giunto il giorno del nostro appuntamento". Squillò il telefono giocattolo e Agnese si trovò a risentire la voce dell’Organizzazione. Aveva dimenticato che, dopo qualche mese dalla nascita, avrebbe dovuto fare rapporto sulla famiglia affidataria. C'era da fare il tagliando finale.
“Non abbiamo molto tempo. Procediamo velocemente all'audizione”.
Non è che fossero stati mai simpatici, quelli dell’Organizzazione ma almeno avrebbero potuto essere più cortesi. Chiederle come stava. Come aveva trascorso i suoi primi nove mesi. Cose così, anche solo per fare un po’ di conversazione.
“Numero componenti della famiglia?”. “Tre: mamma, papà e sorellina”. “Di Marta, conosciamo tutto. Lei è sotto costante osservazione. Riferisci solo su come sta svolgendo il ruolo di tutor”. Agnese avrebbe voluto dire la verità ma si era affezionata a quella bambina. “È la migliore sulla piazza”. “Agnese! – Tuonò l’Organizzazione. Ti ordiniamo di fare un rapporto veritiero”. “E va bene. È molto gentile ma quando fa i capricci dimentica le sue responsabilità. A volte devo ricordarle chi tra noi deve dare l’esempio. Ma non mi sembra così grave, vero?”.
L’Organizzazione passò oltre. “Adesso riferisci su tua madre”. Agnese fece un sospiro. Si sentì sollevata. La mamma le avrebbe fatto fare sicuramente una bella figura. Espose: “Tra i tre, nonostante la gravidanza prima ed il peso della maternità dopo, è sicuramente la più equilibrata”. Un giudizio tecnico che non ti aspetti da una bambina di nove mesi ma rivelava alla Commissione la sua precoce maturità.
Ci fu una pausa per niente beneaugurante. “Mi sembra che non resti che relazionare sull’ultimo componente della famiglia, il tuo papà. Avanti!”. Agnese era molto preoccupata. Si fece coraggio e disse: “Facciamo così, consentitemi di evitare giudizi di merito e lasciatemi esprimere solo la soddisfazione per l’amore con cui ha saputo accogliermi. Tanto può bastare, vero?”. Il silenzio dell’Organizzazione la autorizzò a pensare che quella condotta di difesa era stata accolta positivamente.
“Infine, Agnese devi valutare attentamente se ritieni che questo possa essere il contesto familiare nel quale diventare adulta”. Come al solito, l’Organizzazione faceva la voce grossa ma poi lasciava libertà di scelta. “Va bene così”, rispose. “All’inizio, ho avuto qualche dubbio. Poi la vita in famiglia mi ha permesso di conoscerli bene e ho imparato ad amarli. Sento di potermi fidare di loro e di poterli scegliere come compagni e guide della mia vita”.
I giudici si consultarono per pochi minuti ed emisero la sentenza. “Dichiariamo solennemente che la famiglia a cui sei stata affidata alla nascita può essere considerata definitiva, Da oggi in poi perderai le ali che avevi conservato al varco di uscita e sarai a tutti gli effetti considerata una bambina”. Tutto era compiuto. Restava l’ultima formula del dispositivo di certificazione: “Ora potrai dimenticarti di noi ma noi non ci dimenticheremo mai di te”.