La fine dell’anno scolastico porta con sé grandissime gioie e inevitabili malinconie, qualunque sia la classe che frequentate.
Esistono però dei momenti in cui è soprattutto la malinconia ad avvolgere i vostri pensieri. Se ad esempio state per affrontare l’esame di terza media sapete bene cosa intendo: vi sentite elettrizzati, curiosi, pronti per ricominciare daccapo una nuova avventura, ma nel contempo ciò che vi aspetta i prossimi mesi è un’attesa fatta qualche ansia e un po' di paura. Lascerete qualcuno dei vostri compagni di scuola, ma ne conoscerete altri, e chissà come vivrete queste nuove amicizie!
Stand by me – Ricordo di un’estate (Rob Reiner, 1986) è uno dei film che meglio racconta questo passaggio, aiutato da quattro bravi e (all’epoca) giovanissimi attori, tra cui l’indimenticato River Phoenix, scomparso tragicamente proprio vent’anni fa.
Liberamente tratto dal racconto di Stephen King The body, la pellicola utilizza la spericolata gita di un gruppo di dodicenni come pretesto per spiegare il difficile periodo dell’adolescenza, quello in cui non si è più bambini ma non ancora grandi abbastanza da essere considerati adulti. Vi ci ritrovate? È un’età in cui tutto è in divenire, e l’ansia di crescere spinge a gesti assurdi, come testare il proprio coraggio aspettando l’arrivo di un treno sui binari, come fa uno dei protagonisti; o cimentarsi nella lotta per capire quanto si è forti. Senza dimenticare il rapporto con i ragazzi più grandi o con i propri genitori, d'improvviso più difficoltoso.
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Si scherza con gli argomenti più truci (guardatevi la spassosissima scena della gara di torte!), o addirittura con la stessa morte: nel film il motivo dell’escursione nasce dalla curiosità di trovare il cadavere di un uomo scomparso da qualche giorno, perché chi ha mai visto dal vivo un morto? E perché, in fondo, sarebbe bello diventare famosi per una scoperta simile, uscire dall’anonimato per sempre con un gesto eclatante e con questo capire subito chi saremo. Quando poi il ritrovamento avviene sul serio, si scopre che qualcosa è cambiato nei personaggi: ognuno di loro ha già intrapreso il proprio personalissimo cammino per diventare grande. La fama non è più così importante, perché le cose che d’improvviso contano sono altre: l’amicizia, i sogni da realizzare, il futuro che aspetta alle porte.
Grandi paesaggi abbracciano i ragazzini nella loro avventura: sono panorami in cui l’orizzonte sembra non avere fine e le inquadrature si alternano tra spazi enormi e dettagliati primi piani. Un gioco che riprende l'irrequietezza dei personaggi, sempre in movimento non solo con le azioni, ma con i mille pensieri che li attraversano. A fine viaggio ritroviamo i quattro più uniti e nel contempo più soli: un paradosso, all’apparenza. Eppure è proprio questo ciò che stanno vivendo in tanti in questi giorni di fine scuola: un miscuglio di aspettative e timori, dubbi e incertezze, consapevoli di vivere un tumulto sofferto ma preziosissimo.
Gli ultimi fotogrammi del film mostrano uno dei protagonisti ormai adulto e a sua volta papà, scrivere le ultime righe di quella piccola grande avventura, spiegando il cammino intrapreso da ognuno dei suoi amici e terminando con una delle frasi più toccanti, vere e semplici mai scritte sull’adolescenza.
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