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Giovanni e Paolo, 21 anni senza.

"Strage-giudice Falcone-la moglie-gli uomini della scorta-uccisi". Queste parole cercavano una collocazione logica nelle nostre menti.

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Il 23 Maggio 1992 avevo 16 anni. E' primavera, quella che in Sicilia è tutta profumo di ginestra e sospiri.

Mia madre lavava i piatti ed io li asciugavo.

Ero lì accanto a lei e cercavo il modo giusto per chiederle di poter uscire quel pomeriggio. Lei con cura strofinava e sciacquava e di sicuro aveva capito tutto e attendeva. La tv era accesa anche se nessuno seguiva nulla. Era un pomeriggio fermo, immobile. Ad un tratto la sigla del TG ci allontanò dai nostri pensieri e ci inchiodò alla realtà. "Edizione speciale", silenzio. Mamma chiuse l'acqua. ci guardammo, ascoltammo. Silenzio. Ci sedemmo come se non avessimo più nemmeno la forza per stare in piedi. "Strage-Giudice Falcone-la moglie-gli uomini della scorta-uccisi" Queste parole si sovrapponevano e cercavano una collocazione logica nelle nostre menti, non la trovavano. E poi, la parola che era la causa di tutto  "Mafia". 

19 luglio 1992: Estate, saranno state le 15,00, io e mia sorella tornavamo dal mare accaldate. Prima d'infilarci sotto la doccia ci sediamo un attimo in cucina per bere un tè freddo. Mia mamma era in camera da letto. Accendo la tele. Un'altra edizione straordinaria, un'altra volta le parole "Giudice-strage-scorta-uccisi", cambiavano solo i nomi, stavolta avevano ucciso Paolo Borsellino. Mia sorella mi guarda per capire se ciò che aveva visto e sentito era vero. Io mi alzo e raggiungo mia madre, le dico solo "Un'altra volta", lei capisce. Silenzio. Di nuovo lei, la "Mafia". 

Otto settimane. Solo otto settimane. Com'era potuto succedere di nuovo? 

Da allora sono passati 20 anni

Stesse notizie, stesse parole… ancora. Stavolta la mamma sono io e spengo la tele perchè mio filgio ha solo due anni e le scene che mostrano nei TG non sono adatte a lui.

Nessun evento è irrepetibile. Questo l'ho imparato. Così come ho imparato che lo sconforto rende immobili. Allora nemmeno stavolta  mi farò abbattere, nemmeno stavolta perderò la speranza. Guardo il mio bambino e m'invento un gioco, una storia. Vado avanti.

Mamme, dalle cui mani si formano uomini e donne che  prima erano solo carne senza nemmeno parole. E' a noi mamme che spetta il compito di allevare insieme ai nostri bimbi la speranza e il coraggio. E i papà che sono i "Re" del loro piccolo mondo, siano l'esempio, siano la roccia e il porto.  

Voi, bambini, ascoltate, imparate, domandate, siate curiosi, pretendete di capire anche ciò che a noi genitori non era stato spiegato e che abbiamo dovuto scoprire da soli. Usate l'intelligenza e nessuno potrà mai fare di voi dei "Pupi".

 

 

 

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